“Quando guardate, guardate lontano,
e anche quando credete di star guardando lontano,
guardate ancora più lontano”
B. Powell
A distanza di un po’ di tempo dall’inizio pandemia, vorrei, da clinico, riassumere alcune osservazioni sui fenomeni che ci riguardano, e alcune osservazioni sulla clinica stessa.
I dati nazionali indicano che, nei due anni di pandemia, si è verificato un incremento del 40% nella vendita di farmaci, tra ansiolitici, antipsicotici e tranquillanti maggiori. Qual era il malessere che si tentava in questo modo aspecifico di tamponare?
Nel primo periodo si è cercato di inquadrare le problematiche sotto l’etichetta di disturbo post traumatico da stress, ma non si può usare questa definizione mentre lo stress è ancora in corso.
Si è parlato di depressione… come non esserlo di fronte a un mondo alla deriva.
Un anno più tardi abbiamo potuto constatare che quel disagio fosse di fatto angoscia: lo stato emotivo di colui che si trova spaesato di fronte a una minaccia inafferrabile, che potrebbe vederlo sconfitto. L’angoscia colpiva a molti livelli: persone affette dal Covid, le famiglie, la popolazione in genere, i medici e gli infermieri.
A posteriori possiamo osservare che la pandemia, le quarantene e le restrizioni sociali, hanno avuto, ciascuna a suo modo, un grande impatto sul rapporto che le persone hanno con se stesse, con gli altri e con il mondo.
La paura della malattia e del contagio è stato terreno fertile per una serie di disturbi basati su fobie, ossessioni compulsive, crisi psicotiche, soprattutto adolescenziali, aumento di atti lesivi e suicidari, aumento di disordini alimentari.
La quarantena (isolamento dei malati), ha prodotto prima di tutto un aumento dei livelli di aggressività intraspecifica, per via dell’insofferenza della vicinanza forzata e costante; su un piano più individuale, si è osservato che l’isolamento ha favorito una fuga compensativa nelle relazioni virtuali: bisogno di essere connessi e riessere in contatto, rifugiarsi in giochi di gruppo, cybersex.
Di fronte alle restrizioni sociali, le persone più equilibrate hanno avuto capacità di rispettare le regole, ma le persone con più fragilità hanno comunque reagito manifestando il disagio: comportamenti fobici, difficoltà a tornare alla socialità, difficoltà a tornare a un contatto affettivo, e questo produce difficoltà incredibili nelle dimensioni di contatto erotico e relazionale giovanile. Questo in coloro che rispettano fin troppo le regole sociali. All’estremo opposto ci sono i trasgressivi ribelli: comportamenti irresponsabili, sesso compulsivo, comportamenti compensatori come alcolismo, uso incrementato di droghe, e comportamenti violenti per scaricare la tensione.
Ad oggi le situazioni nelle nostre realtà si sono evolute e la condizione psicologica e psichiatrica della popolazione anche: alcune reazioni sono rimaste invariate, altre si sono adattate in modo funzionale, altre hanno virato verso la psicopatologia. Tante di quelle reazioni sopra descritte, non erano patologiche di per sé, poichéé erano in risposta a quello che si stava vivendo. Ove non hanno saputo adattarsi all’evolvere della realtà, si sono irrigidite e protratte nel tempo fino a diventare problemi che la persona non riesce a risolvere da sola e si necessita l’intervento di un professionista.
Proseguendo le nostre osservazioni post pandemiche, spostiamo ora il focus sulla clinica stessa, cioè sull’operato delle professioni d’aiuto e in particolare sul modus operandi che mi riguarda da vicino, quello della psicoterapia breve strategica.
Parallelamente al crescere del disagio e delle sue manifestazioni, c’è stato un crescere e adattarsi delle risposte di aiuto, sostegno, psicoterapia. Psicologi e psicoterapeuti non si sono mai fermati. Così l’essere sul campo e incontrare le persone coi loro problemi ha permesso di osservare e studiare le reazioni agli eventi. Il confronto poi tra professionisti e colleghi sul piano nazionale e internazionale, oltre che mondiale, ha permesso di mettere insieme le osservazioni raccolte, costruendo una panoramica su vasta scala del disagio psicologico attuale.
Anche le modalità di lavoro si sono adattare e migliorate strada facendo.
Il modello della terapia breve strategica, che pone il suo focus sul COME funziona un problema, invece che sui PERCHÈ funzioni in quel modo, ha da sempre avuto la caratteristica di adattare l’intervento terapeutico al singolo caso. Pur avendo dei protocolli di intervento per classi di disturbi, è da sempre flessibile nell’incontrare l’originalità del singolo. Questa sua caratteristica gli ha permesso di essere ricettivo alle veloci evoluzioni pandemiche e post pandemiche e di adattare i precedenti modelli di intervento alle nuove disfunzionalità e criticità che l’umanità ora sta attraversando.
Nella pratica clinica giorno dopo giorno ho incontrato con i miei pazienti tante sfumature di disagio, fatica e sofferenza. Insieme ci portiamo a casa la certezza di non aver solo tamponato o contenuto l’angoscia, bensì di averla attraversata, conosciuta e trasformata, perché a cambiare, oltre ad essa, siamo stati noi stessi.
In conclusione, tre possibilità della clinica mi fanno essere fiduciosa guardando al futuro:
il primo è la caratteristica di flessibilità e innovazione dei modelli di intervento;
il secondo è la disponibilità dei professionisti e mettersi in gioco, formarsi, adattarsi.
la terza è disponibilità di ciascuno a prendersi cura di sé, chiedendo aiuto e sostegno all’occorrenza.
D’altro canto la fiducia non basta, e neanche le buone intenzioni. Nel futuro come sempre saranno i fatti a fare la differenza.